LA RIFORMA DI BENEDETTO XVI LIBRO

15,00 

Nicola Bux

La riforma di Benedetto XVI
La liturgia tra innovazione e tradizione

prefazione di Vittorio Messori
prima ed. 2022;  pagine 144

In collaborazione con Editoriale il Giglio
Spedizione del singolo prodotto in 3-5 giorni lavorativi con Poste Italiane.

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Nicola Bux

La riforma di Benedetto XVI
La liturgia tra innovazione e tradizione

prefazione di Vittorio Messori
prima ed. 2022;  pagine 144

In collaborazione con Editoriale il Giglio
Spedizione del singolo prodotto in 3-5 giorni lavorativi con Poste Italiane.

“La Riforma di Benedetto XVI – La liturgia tra innovazione e tradizione” è il saggio che don Nicola Bux, teologo e liturgista, diede alle stampe nell’ottobre 2008 (Edizioni Piemme, Casale Monferrato), poco più di un anno dopo la pubblicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI (7 luglio 2007).

Il motu proprio, che aveva ripristinato pienamente la possibilità di celebrare la S. Messa secondo il rito romano antico, era stato accolto con non poche polemiche da una parte del clero, timorosa di un “ritorno al passato” che mettesse in discussione lo “spirito del concilio Vaticano II”.

D’altra parte, era stato accolto con gioia da una parte dei fedeli, che in precedenza avevano visto ostacolato da alcuni Vescovi il legittimo desiderio di partecipare alla Messa tradizionale o tridentina, e con curiosità da parte di altri che poterono, per la prima volta, avvicinarsi al rito in latino, scoprendone la bellezza e il senso del sacro.

Quanto mai opportuna, quindi, fu l’opera di chiarimento svolta da don Nicola Bux con “La Riforma di Benedetto XVI”, presto tradotto anche in francese e spagnolo e poi rapidamente esaurito.

Il libro è ora riproposto in una nuova edizione dall’Editoriale Il Giglio, con lo stesso titolo e la prefazione di Vittorio Messori, ma una veste grafica rinnovata.

Il Summorum Pontificum ebbe il merito di chiarire una volta per tutte che la forma antica del rito latino non  era mai stata abolita, né avrebbe potuto esserlo, sia perché le sue origini risalivano direttamente agli Apostoli, sia perché era rimasta pressoché invariata per cinque secoli, da quando San Pio V, il papa della Contro-Riforma, ne aveva definito la struttura e l’aveva promulgata come unica forma liturgica ammessa, con l’inibizione di abrogarla: «Se qualcuno avrà l’audacia di attentarvi, sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio onnipotente e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo» aveva scritto in chiusura della bolla.

Benedetto XVI, pur riconoscendola come forma extra-ordinaria, precisò che non c’era motivo di limitarne la celebrazione. Infatti, nella lettera che accompagnava il motu proprio, indirizzata ai Vescovi, li sollecitava a favorire la diffusione del rito antico, sostenendo i gruppi di fedeli che desiderassero assistervi e attivandosi perché vi fossero sacerdoti in grado di celebrarla.

Inoltre, il Papa auspicava che la convivenza nelle parrocchie dei due riti, antico e moderno, producesse una reciproca influenza positiva, stemperando l’impressione (errata) di una partecipazione poco attiva dei fedeli nell’uno, e limitando gli eccessi sempre più frequenti nell’altro, non di rado sconfinati in abusi liturgici veri e propri.

Il testo

Don Nicola Bux scrive che nella liturgia «la tradizione è necessaria e l’innovazione ineluttabile, ed entrambe sono nella natura del corpo ecclesiale come del corpo umano. Non si oppongono ma sono complementari e interdipendenti». E, in questo senso il Summorum Pontificum va compreso in continuità con tutta la tradizione della Chiesa, che non è cominciata col concilio Vaticano II, ma con gli Apostoli.

Secondo l’Autore, tradizione e liturgia sono unite come le radici e la pianta: la tradizione si occupa del passaggio della verità attraverso la forma, il rito ci permette di avvicinarci al Mistero.

Per questo, bisogna guardarsi «dalle forme errate del pregare, due in specie: l’esibizione di se stessi al posto della adorazione ed il profluvio di parole che soffoca lo Spirito. Se la preghiera è espressione della relazione di amore tra il singolo e Dio, contiene un mistero che non tollera lo spettacolo “per essere visti dagli uomini” (Matteo 6,5)».

Il primato, nella Liturgia, deve essere dato a Dio, anche attraverso la musica e il canto, tra cui primeggia il gregoriano, la cui costruzione musicale è paragonabile ai gradini che l’anima percorre nell’ascesi a Dio.

La conclusione di don Bux è che “con la pazienza dell’amore bisogna concorrere a che nasca un nuovo movimento liturgico attento alle liturgie […] ci vogliono liturgie esemplari che facciano incontrare Dio”.

L’Autore

Sacerdote e teologo, ha insegnato a Gerusalemme, Roma e Bari; ha scritto libri, saggio e articoli sulla liturgia, l’ecclesiologia e la teologia ecumenica, in varie lingue. È stato consultore in diverse Congregazioni vaticane, in specie alla Dottrina della Fede. È stato chiamato dal Giovanni Paolo II a preparare il sinodo sull’eucaristia, nel 2005, e da Benedetto XVI a parteciparvi come perito, come anche al sinodo sul Medioriente, nel 2010. Tra le sue più recenti pubblicazioni: Come andare a Messa e non perdere la fede (seconda edizione, Editoriale Il Giglio, 2016); Con i sacramenti non si scherza (Cantagalli, 2016), entrambi con prefazione di Vittorio Messori; Tra cielo e terra. La mistica della liturgia orientale (Cantagalli, 2017), con prefazione di Cyril Vasil’; Salute o salvezza. La Chiesa al bivio (Fede & Cultura, 2021), libro intervista con Vito Palmiotti; con Aldo Maria Valli, Il cambio della guardia. Bose ed Enzo Bianchi come esempio di transizione della nuova Chiesa (Fede & Cultura, 2022).

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