LE FERROVIE DELLE DUE SICILIE LIBRO

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Lucio Militano – Le ferrovie delle Due Sicilie

prima edizione 2013  pagine 60, 8 immagini a colori

€ 10,00 – Spedizione in 3-5 giorni con poste Italiane
in collaborazione con l’Editoriale il Giglio

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Lucio Militano – Le ferrovie delle Due Sicilie

prima edizione 2013  pagine 60, 8 immagini a colori

€ 10,00 – Spedizione in 3-5 giorni con poste Italiane
in collaborazione con l’Editoriale il Giglio

Le sensiglie erano bandiere reggimentali appartenenti ai Tercios della Napoli ispanica. Riadottate dalla fanteria dell’Esercito delle Due Sicilie, erano segni distintivi dei tre battaglioni reggimentali. Con questa nuova collana, che presenta testi facilmente fruibili che mettono a disposizione del lettore informazioni altrimenti disperse e difficilmente reperibili, Il Giglio vuole raccogliere la forza simbolica degli antichi stendardi militari per difendere, con lo stesso spirito, la memoria storica delle Due Sicilie. Il quarto volume della collana è dedicato alle Ferrovie delle Due Sicilie. Ne è autore Lucio Militano, ingegnere navale che ha ereditato la passione per i treni dal padre e dal nonno macchinista.

Il contesto storico

È vero, nei libri di storia si ricorda che la prima ferrovia italiana fu la Napoli-Portici, del 1839: del resto sarebbe innegabile. Ciò nonostante, questo non viene considerato un vanto del Regno napoletano, segno di sviluppo tecnico e culturale nonché di lungimiranza politica, poiché si conclude sempre che quei primi binari furono solo l’eccentrico e costoso trastullo del Re Ferdinando di Borbone e della sua Corte. Infatti, si aggiunge, all’unificazione d’Italia il Sud era arretrato e negletto nelle ferrovie come nel resto. Per avvalorare la tesi si omette di far cenno, ovviamente, ai progetti in via di realizzazione o a quelli già finanziati che furono bruscamente interrotti dai fatti del 1860. E si tace delle enormi difficoltà tecniche che un’orografia ben diversa da quella della pianura Padana comportava e che richiesero capacità di innovazione ingegneristica che, ancora oggi, gli esperti del settore considerano all’avanguardia per l’epoca. Né si dice che le ferrovie delle Due Sicilie dopo il 1861 furono smembrate e svendute ad amici e sodali dei rivoluzionari e che ogni lavoro in corso d’opera, ogni progetto in sviluppo, tutto rimase paralizzato fino alla morte. Come avvenne per quel gioiello dell’impresa meccanica che fu Pietrarsa, che il mondo ammirava e studiava per copiarne idee e organizzazione, e che fu lasciato languire senza commesse. Le linee ferroviarie che avrebbero collegato il Mar Tirreno al Canale di Suez, di imminente apertura (1866), passando per la Puglia, non furono mai costruite; i binari che avrebbero unito le due sponde del Regno a diverse altezze, per esportare i prodotti delle province orientali verso i grandi mercati d’oltre Oceano, non furono mai stesi; i treni che avrebbero consentito alle popolazioni delle estreme province di qua dal faro di raggiungere facilmente il centro del Regno non partirono mai. Lo sviluppo ferroviario successivo al 1861 seguì due uniche direttrici: verso Nord, per portare lavoratori a basso costo alle fabbriche del Triangolo industriale, e verso Sud, per portare le merci che chi non era ancora emigrato doveva acquistare. Ancora oggi, i tracciati delle ferrovie calabresi e pugliesi patiscono le conseguenze di quella impostazione e chi voglia andare in treno da una costa all’altra del Sud (in media 150 km) impiega il doppio del tempo che ci vuole per percorrere l’intera pianura Padana (circa 400 km). Il breve saggio di Lucio Militano, ingegnere e studioso, ripercorre 25 anni di vicende ferroviarie borboniche.
L’autore, con la competenza del tecnico e la passione dello storico, rende giustizia all’ingegno e alla volontà dei pionieri delle strade ferrate napoletane. Anche questo elegante volumetto, come tutta la collana Le Sensiglie, è arricchito da otto immagini a colori che riproducono celebri rappresentazioni artistiche e immagini d’epoca legate alle strade ferrate borboniche.

L’autore

Lucio Militano è nato a Napoli nel 1949. Ingegnere navale e meccanico, è stato dirigente in importanti imprese industriali. Attualmente è libero professionista nel settore della cantieristica navale e vive a Rimini. È un appassionato cultore di tecnologie ferroviarie e navali e della storia dei Borbone Due Sicilie.

Il brano scelto

Il treno a disposizione del popolo: stazioni, regolamenti, carrozze

«Napoli era il nodo di entrambe le linee ferroviarie, la Bayard e la Regia Strada Ferrata. La stazione Bayard venne costruita ed inaugurata nel 1839, all’apertura del tronco ferroviario Napoli–Portici, primo tratto della linea Napoli–Nocera completata poi nel 1844. Dal 1843, la stazione Bayard fu affiancata sul lato nord dal capolinea della Regia Strada Ferrata per Capua; le due stazioni erano collegate da un binario di raccordo. In seguito alla concentrazione delle due linee ferroviarie nel nuovo scalo di Napoli Centrale, realizzato nel 1866, le due stazioni perderanno la loro funzione di capolinea passeggeri e saranno declassate ad impianti di servizio. L’area prescelta si trovava nella zona orientale della città, lungo la cosiddetta via dei Fossi, dove adesso si trova la stazione della Ferrovia Circumvesuviana. La scelta di questa ubicazione era dettata dalla vicinanza a Piazza Mercato, cuore pulsante di tutte le attività mercantili della capitale, ma anche luogo dove convergevano tutte le diligenze provenienti dalla vasta area provinciale e dalle varie regioni del Regno. Si trattava di un’area di Napoli storicamente caratterizzata dalla presenza di acque superficiali, paludi ed acquitrini, nella quale si svolgevano attività commerciali ed industriali ritenute incompatibili con il centro storico. (…) Le carrozze dei treni erano classificate in tre classi, con tre livelli di confort differenti; il costo del biglietto era adeguato alla lunghezza del tragitto ed alla sistemazione prescelta.
Vi erano carrozze miste di I e II classe e qualcuna di II e III classe; alcune carrozze di I classe erano arredate a salone, di contro le carrozze di III non avevano i sedili, ma questa era usanza diffusa in tutte le ferrovie di allora, comprese quelle dell’Inghilterra dove, come è noto, le condizioni della classe operaia e della parte più povera della popolazione erano ad un livello di sfruttamento insopportabile. Le vetture non avevano balconcini di estremità e l’incarrozzamento avveniva più agevolmente tramite le porte laterali, essendo il marciapiede a livello del pianale del vagone stesso.
Nel 1859 i documenti di viaggio erano di carta comune, colorati di “rosino” (I classe), giallo (II seconda classe), verde (III classe), bianco (IV classe).
La “IV classe” era, di fatto, un biglietto ridotto di III, di cui potevano fare uso “le persone di giacca e coppola, le donne senza cappello, i domestici in livrea, i soldati e bassi uffiziali”. Questi viaggiatori, da Napoli a Portici, pagavano 5 grani, cioè un grano meno della III classe, meno anche del costo corrente di un chilo di pane comune che era di 6 grani. La tratta da Napoli a Pagani e Nocera, costava 75 grani in I, 50 in II, 32 in III e 25 in IV. Gli orari erano chiari e con dovizia di informazioni riguardo a tariffe, prezzi, facilitazioni e servizi.  Il primo regolamento ferroviario fu emanato il 5 maggio 1839. Il manifesto riportante gli articoli più importanti per la sicurezza della popolazione e dei viaggiatori è del 26 settembre 1839.
Il documento, composto da 8 articoli, elencava una serie di disposizioni e le relative sanzioni per quanti non le osservassero: divieto di circolazione sulla strada ferrata, atti di vandalismo contro gli steccati a protezione della strada ferrata e dell’armamento della strada ferrata stessa, regolamentazione dei passaggi di intersezione fra la ferrovia e la strada, etc.
Un secondo regolamento fu pubblicato l’11 luglio 1840 ed aggiungeva importanti direttive sulla circolazione dei convogli, in particolare nei tratti a binario unico, alla luce di esperienze mutuate dall’esercizio ferroviario.

Il Processo Verbale dell’Assemblea del 15 novembre 1844 della ferrovia Bayard, riporta la struttura organizzativa del personale, che si articolava in:
– Amministrazione Generale,
– Movimento passeggeri (capo movimento, capistazione, ricevitori, controllori alle porte, capitreno, addetti ai servizi di stazione, guardiani, portieri, orologiai).
– Movimento merci (capo movimento ed addetti),
– Trazione ed esercizio (ingegnere capo meccanico, ingegnere manutenzione carrozze, ingegnere capo officina, macchinisti e fuochisti, impiegato addetto alla contabilità)
– Linea e opere civili (architetto, capi sorvegliante, addetti alla sicurezza e sorveglianza, giardiniere, cantonieri, addetti ai passaggi a livello).

Nello stesso documento è riportato anche il nome Patteson (al posto di Pattison) il quale, in qualità di ingegnere capo addetto alla manutenzione delle locomotive, percepiva uno stipendio di 100 ducati; il Direttore Generale percepiva 250 ducati. Da segnalare l’importante funzione per la sicurezza del Capo di Sorveglianza, che sovrintendeva alla manutenzione del tratto a lui affidato, ed ogni mattina, precedentemente al passaggio del primo convoglio, percorreva a piedi tutta la linea per ispezionarla. I cantonieri, nelle loro garitte, erano dislocati lungo la linea, in contatto visivo fra loro, e vigilavano sul corretto distanziamento dei convogli; con segnalazioni visive – bandierina di giorno, lanterna di notte – essi potevano arrestare i convogli in caso di pericolo. Gli attuali capitreno erano denominati “Conduttori di convoglio” e, normalmente, viaggiavano sull’imperiale delle carrozze, esposti alle intemperie. Il macchinista aveva alle sue dipendenze il fuochista, al quale toccava accendere la caldaia molto tempo prima della partenza, metterla in pressione e, soprattutto, alimentarla durante il tragitto spalando tonnellate di carbone».

 

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